Arcano IV: L'Imperatore... o Re Artù di Camelot

Sono molte le figure storiche e mitologiche alle quali avrei potuto ispirarmi per scrivere questo articolo sul Quarto Arcano dei Tarocchi, L'Imperatore. La scelta, alla fine, è caduta sul leggendario Re Artù, che per secoli ha incarnato un impareggiabile ideale di virtù, lealtà e coraggio.


La validità storica della figura di Artù rimane tutt'oggi controversa: se sia realmente esistito un sovrano di nome Artù, capace di riunire sotto di sé i popoli della Gran Bretagna, è stato a lungo motivo di discussione. All'interno di questo sito, però, desidero raccontare delle storie, non necessariamente “la Storia”, perciò mi limiterò a descrivere le gesta di questo personaggio così come sono state trasmesse dalla tradizione letteraria.


È difficile ricostruire un’unica storia di Artù: leggende e tradizioni legate a questo sovrano si mischiano infatti a riferimenti storici diversi, rendendo quasi impossibile ricavarne un unico racconto. La maggiore tradizione legata alla figura di Artù è senza dubbio quella del ciclo Bretone. L’autore che fece la fortuna di questa saga, rielaborandola all’interno dell'opera “Historia Regum Britanniae”, fu Goffredo di Monmouth. Lo storico fu anche autore di un “Vitae Merlini”, in cui venivano riunite e codificate le principali fonti legate alla figura di Artù. Si tratta di opere risalenti al XII secolo (gli storici della letteratura le datano intorno al 1133-1138), per mezzo delle quali possiamo ricostruire l'intera vicenda dell'uomo. La vita del sovrano fu poi narrata da Thomas Malory ne “La morte di re Artù”, un’opera in ventuno libri in cui confluirono anche le storie di Ginevra, Lancillotto, Tristano e Isotta.    


Artù sarebbe stato concepito a Tintagel (località sulla costa settentrionale della Cornovaglia), nel bel mezzo della guerra che infuriava tra il re di Bretagna Uther Pendragon e il suo vassallo Gorlois. Il sovrano si innamorò perdutamente di Ygraine, moglie del duca di Tintagel, suo alleato. Le storie descrivono Uther come un uomo volitivo, spesso violento e disposto a tutto pur di ottenere ciò che desiderava. Folle di lussuria, decise di stringere un patto con Merlino: grazie a un incantesimo del mago, avrebbe assunto l'aspetto del duca di Tintagel così da poter trascorrere una notte d'amore con Ygraine; in cambio, avrebbe consegnato a Merlino il figlio nato da quella relazione adulterina. Così nacque Artù, che Merlino affidò al nobile cavaliere Antor.


Artù crebbe come un ragazzo qualunque fino a quando, ormai giovinetto, estrasse in modo prodigioso una spada dalla roccia in cui era conficcata. Davanti alla cattedrale di Londra era infatti misteriosamente comparsa una roccia nella quale era conficcata una spada dall’elsa incastonata di gemme. Attorno all'arma, una scritta recitava: “Chi estrarrà questa spada sarà coronato re dei Britanni”. Si cimentarono nell'impresa i più forti cavalieri dell'epoca, ma tutti fallirono. Soltanto Artù riuscì e fu proclamato re, apprestandosi a dar vita ad una lunga serie di gesta immortali.

Spada nella Rocciajpg


La guerra tra Uther e Gorlois aveva indebolito il regno di Bretagna al punto da farlo cadere alla mercé delle invasioni di barbari provenienti da ogni dove: a nord premevano i Sassoni, a sud i Romani. Per Artù iniziò così un lungo periodo di lotte, durante il quale si vide costretto a combattere non solo gli invasori, ma anche tutti quei vassalli del padre che non lo avevano riconosciuto come re e si erano a loro volta nominati sovrani. Durante una di queste battaglie Artù perse la sua spada: Merlino lo condusse allora presso la Dama del Lago, la quale gli donò Excalibur, la leggendaria spada capace di tagliare qualsiasi cosa. In questo stesso periodo Artù, dopo aver pacificato l'intera Bretagna Maggiore, avrebbe stabilito la sua corte a Camelot e contratto matrimonio con Ginevra, figlia del re rivale Leodegrance, allo scopo di porre termine a tutte le guerre sull'Isola. Come ulteriore dote, il padre della giovane avrebbe donato ad Artù la Tavola Rotonda, attorno alla quale il sovrano riunì i suoi cavalieri più fidati. Fu così che venne fondato l'ordine della Tavola Rotonda, un gruppo di intrepidi cavalieri sempre pronti a combattere a fianco del loro re e a difendere i deboli e gli oppressi; tra le loro imprese occorre menzionare la ricerca del Santo Graal (la coppa nella quale Cristo bevve durante l’ultima cena e in cui fu poi raccolta una goccia del suo sangue caduta dalla croce), capace di donare purezza e santità al cavaliere che l'avesse ritrovata. 


Numerose e degne di nota le figure che gravitarono intorno alla Tavola Rotonda: oltre ad Artù e a Merlino in qualità di suo fidato consigliere, vi furono il fratello e il padre adottivo del sovrano; Gawayn, il più forte e nobile dei cavalieri; il giovane Parsifal, destinato a ritrovare il Santo Graal; e – naturalmente – Lancillotto.  


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Lancillotto del Lago, figlio di re Ban, era stato cresciuto dalla misteriosa Dama del Lago nel suo regno. Raggiunta la maggiore età, potè accedere all'ordine della Tavola Rotonda, diventando ben presto il migliore amico e confidente di Artù e distinguendosi, per coraggio e virtù, da tutti gli altri cavalieri. Il personaggio è tardo e non appare nelle leggende originali; compare per la prima volta come protagonista di un racconto di Chrétien de Troyes, grande poeta medievale attivo tra il 1165 e il 1185. In questo testo vengono narrate le avventure che Lancillotto dovette affrontare per salvare Ginevra, rapita dal traditore Meleagant, nonché la nascita della passione tra i due amanti, tale da condurre alla caduta di Artù e alla rovina di Camelot. Su come si giunse a questa fine, tuttavia, le tradizioni si dividono: alcune storie raccontano che, in seguito alla scoperta del tradimento, Artù avrebbe cacciato Lancillotto, cadendo in uno stato di deliquio da cui sarebbe uscito solo grazie al ritrovamento del Santo Graal da parte di Parsifal; altre narrazioni, invece, vedono il re condannare al rogo la propria consorte come adultera, atto che provocherà un assalto disperato di Lancillotto al comando dei propri soldati e che condurrà alla morte gran parte dei cavalieri della Tavola Rotonda. Al di là delle differenti versioni, emerge qui il lato oscuro dell'archetipo dell'Imperatore, quell'aspetto della personalità egoica che si manifesta prepotente di fronte a tutto ciò che possa mettere in discussione il suo “dominio sugli elementi”.    


Prendendo comunque per buona la versione di Thomas Malory, Artù sarebbe partito per dare la caccia a Lancillotto, lasciando la reggenza in mano a Mordred. Costui avrebbe portato Camelot alla rovina, alleandosi con i Sassoni, cacciati da Artù, e lasciando il regno esposto alle invasioni dei Romani. Tornato in patria, il sovrano avrebbe affrontato Mordred in un ultimo, disperato duello. Mortalmente ferito, Artù sarebbe però riuscito a sferrare un ultimo fendente contro l’avversario, squarciandogli il petto.    


Al termine dello scontro, Artù sarebbe stato condotto dalla Dama del Lago ad Avalon, un luogo in cui avrebbe potuto riposare in attesa della fine, entrando per sempre a far parte delle leggende bretoni.

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