La figura dell'Appeso rispecchia la punizione che in epoca medievale e rinascimentale era riservata a coloro che si macchiavano di vari reati, tra cui il tradimento. I presunti colpevoli venivano appesi a testa giù in modo da essere esposti al pubblico ludibrio; se, però, riuscivano a fuggire e ad evitare la cattura, l'esecuzione della condanna avveniva tramite la cosiddetta “pittura d'infamia”, che può essere considerata l'antenata dei manifesti raffiguranti i latitanti: l'immagine del condannato in fuga veniva ritratta nella posizione dell'appeso sui muri delle città, poiché la vergogna era considerata la più significativa forma di punizione sociale.
Questo particolare tipo di pittura nacque nell'Italia centro-settentrionale. Uno dei primi resoconti relativi alla pittura d'infamia risale al 1261, quando gli Statuti di Parma introdussero tale pratica tra le pene previste dal codice. Durante il periodo di passaggio dall'epoca medievale a quella moderna, la pittura infamante si concentrò soprattutto in quel di Firenze, dove molti grandi artisti (tra i quali lo stesso Botticelli) dovettero accettare l'incarico di ritrarre sui muri i traditori in fuga. Le autorità assegnavano questa incombenza a pittori di fama perchè gradivano dei ritratti di buona fattura, dove il condannato fosse ben riconoscibile. Nessuna di queste opere è giunta fino a noi in quanto si trattava di manifestazioni artistiche la cui utilità era limitata nel tempo; tuttavia, alcuni disegni preparatori sono sopravvissuti al trascorrere dei secoli:
Partiamo da alcuni dati di fatto relativi a questo enigmatico Arcano. L'Appeso rappresenta, in realtà, l'iniziazione interiore cui l'uomo si sottomette volontariamente. Il corpo di questo personaggio appare immobilizzato, ma il suo spirito è profondamente libero: attraverso l’accettazione della sua condizione temporanea, egli giungerà ad un totale rinnovamento del proprio essere. Se osserviamo attentamente la figura riprodotta sulla carta, notiamo che essa è formata da una croce (costituita dai piedi del personaggio) che sovrasta un triangolo rovesciato (formato dalle braccia piegate dietro la schiena dell'uomo); le fattezze dell'Appeso celano infatti al loro interno l'ideogramma ermetico che rappresenta il compimento della Grande Opera, ovvero il triangolo equilatero rovesciato e sormontato da una croce:
La posizione dell'Appeso, inoltre, richiama l'immagine dell'albero rovesciato: questo simbolo, presente in molte culture dell'antichità, è una metafora dell'uomo che, essendo di natura divina, affonda le proprie radici in cielo. La riproduzione dell'albero rovesciato nel Dodicesimo Arcano Maggiore costituisce un riferimento all'adepto che, avendo raggiunto la santità, sfiora la terra con il pensiero ma sa che la sua vera dimora si trova sul piano celeste.
Se osserviamo, infine, lo spazio bianco nel quale il nostro adepto è immerso, potremo notare un altro particolare rilevante: questo spazio, infatti, assume la forma di un sarcofago. Ciò è perfettamente in linea con il simbolismo iniziatico evidenziato da questo Arcano: l'iniziato, infatti, deve attraversare una metaforica morte in vita per potersi rigenerare interiormente. Il nostro “eroe”, in definitiva, si trova ad essere confinato in una situazione davvero paradossale, oltre che scomoda: quella del “morto suppliziato”! Questa immagine può far sorridere ma, dal mio punto di vista, rispecchia in maniera arguta la realtà dell'essere umano che, consapevolmente o meno, decide di intraprendere un percorso iniziatico: infatti, colui che si incammina sulla Via del Risveglio è destinato, nel migliore dei casi, a restare solo, isolato e senza (veri) amici; nel peggiore, ad essere schernito, additato come “diverso”, messo all'indice, perseguitato... e, come ben sanno gli adolescenti, persino bullizzato!