Arcano III: L'Imperatrice... o la Contessa di Castiglione

La contessa di Castiglione, “femme fatale” del Risorgimento, passata alla storia per aver convinto Napoleone III a sostenere la causa dell'indipendenza italiana, può essere ritenuta una degna riproduzione dell'Imperatrice dei Tarocchi, sia pure negli aspetti più eccentrici e, forse, meno edificanti di questo Arcano. L'Imperatrice rappresenta la bellezza, la grazia, l'intelligenza attiva e la capacità di osare, nonché l'anelito a riprodurre, ad incarnare sulla Terra un ideale di perfezione estetica e formale ispirato dai piani sottili dell'Essere. Ma la perfezione, si sa, è un oggetto da maneggiare con grande cautela: quando si è convinti di averla raggiunta, si rischia di diventare vanitosi e sprezzanti; in seguito, quando si comprende che, a livello terreno, la perfezione non è che un'illusione transitoria, si può cedere a emozioni negative e a tendenze autodistruttive, in grado di sconfinare persino nel delirio ossessivo... Credo di aver dipinto, così, un fedele ritratto dell'altera contessa di Castiglione, specchio dell'Imperatrice dei Tarocchi, che votò se stessa al culto della propria bellezza, forse ineguagliabile ma certo non eterna come lei avrebbe desiderato.

Virginia Oldoini, figlia del marchese spezzino Filippo Oldoini e della fiorentina Isabella Lamporecchi, vide la luce a Firenze il 23 marzo 1837, anche se per civetteria non lo ammise mai. Non aveva ancora 17 anni quando divenne contessa di Castiglione, grazie al matrimonio con il conte Francesco Verasis di Castiglione Tinella e di Costigliole d’Asti, cugino di Cavour. Il marito la lasciò tre anni dopo, vessato dai continui tradimenti e dagli ingenti debiti contratti a causa delle folli spese di lei, ma probabilmente non smise mai di esserne innamorato, e anche dopo la separazione continuò ad assecondarne i capricci. Appena sposata, Virginia si trasferì dall'amata La Spezia a Torino, approdando alla corte di Vittorio Emanuele di Savoia. Il conte di Cavour, riconoscendo in lei doti di fascino e bellezza ma, evidentemente, anche di intelligenza e astuzia, la fece poi trasferire a Parigi, affidandole la missione di sedurre Napoleone III per indurlo a sostenere la causa dell'indipendenza italiana. Dopo un esordio memorabile alle Tuileries, alla sfolgorante ventenne bastò mezz’ora d’amore con l’Imperatore nella stanza azzurra del Castello di Compiègne per riuscire nel “lavoro” che le era stato commissionato. Dopo l’armistizio di Villafranca, nel luglio 1859, la sua stella presso Napoleone cominciò ad offuscarsi, ma l'Imperatrice Eugenia volle comunque liberarsene, e con un pretesto riuscì a farla espellere dalla Francia. Virginia riuscì a tornare a Parigi pochi anni dopo. Caduto il Secondo Impero nel 1870, continuò a tessere la rete delle sue amicizie influenti, collezionando 43 amanti, 12 dei quali avuti contemporaneamente e sempre all’insaputa l’uno dell’altro.

Osannata dagli uomini e odiata dalle donne, cui non rivolgeva mai la parola, Virginia si nutriva avidamente della propria bellezza. Affascinata dal mezzo fotografico, si rivolse allo studio di Mayer & Pierson, apprezzato da tutta la nobiltà parigina. Da questa collaborazione nacquero oltre 400 ritratti della contessa di Castiglione: un numero davvero esorbitante per quell'epoca, sia per l'impegno economico (del marito), sia per i tempi necessari a realizzare una singola stampa.

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Virginia visse come un dramma il trascorrere del tempo e l'appassire di quella bellezza sulla quale aveva puntato tutto. Trascorse l’autunno della sua vita da sola, nel terrore dell'indigenza, sopraffatta da nevrastenia e da manie di persecuzione. Per non vedere la sua decadenza fisica si liberò di tutti gli specchi. Usciva di casa solo la notte, velandosi il volto e circondandosi di una patetica aria di mistero. Nel 1893 subì l’onta dello sfratto dal suo ammezzato di Place Vendôme. Morì a Parigi il 28 novembre 1899, all'età di 62 anni, in un piccolo alloggio sopra il ristorante Voisin. All’indomani del funerale, la polizia distrusse tutte le lettere e i documenti atti a comprovare le sue relazioni “pericolose” con re, uomini politici, papi e banchieri.

Prima della sua morte, la contessa aveva tentato, senza riuscirci, di organizzare una mostra delle sue fotografie all’Esposizione Mondiale del 1900, che avrebbe dovuto intitolarsi “La donna più bella del secolo”.

Nei suoi diari scrisse che avrebbe voluto tornare in Italia ed essere sepolta a La Spezia con la camicia da notte verde acqua che aveva indossato durante il primo, memorabile incontro con Napoleone III. Riposa invece, tra i grandi, al Père Lachaise, come del resto merita colei che, nel bene e nel male, fu e sempre sarà... Imperatrice!

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