Arcano XII: L'Appeso... vittima o carnefice?

All'Appeso ho già dedicato un articolo del blog, nel quale descrivevo questo personaggio come un traditore sottoposto a supplizio. Il significato più comune dell'Arcano XII, tuttavia, è quello che sottolinea la necessità di arrestare la propria corsa e di osservare il mondo da un punto di vista diverso, non convenzionale. Voglio raccogliere il suo invito: non parlerò qui – come sarebbe stato lecito supporre – della triste vicenda di un condannato, bensì di quella della controparte: il BOIA!


Abito a Torino. Tra le tante storie che animano le strade di questa sfuggente e misteriosa città non si può ignorare quella del boia, antico mestiere generalmente tramandato di padre in figlio, quasi fosse una irrinunciabile tradizione di famiglia...


La giornata del boia non era semplice in quanto il popolo lo disprezzava profondamente, considerandolo in fondo l'assassino – sia pur legalizzato – di uomini e donne appartenenti al suo stesso popolo. Quest'uomo, al fine di essere immediatamente riconosciuto da tutti, era obbligato per volere del Re a indossare un mantello scarlatto, utile anche ad assorbire e a mimetizzare le eventuali macchie di sangue delle sue vittime.


Nessuno lo amava, dagli uomini del popolino che sputavano sul marciapiede davanti alla sua abitazione fino ai panettieri dei dintorni: questi ultimi giunsero addirittura a non servirlo più, o a rovesciare il pane sul bancone in chiaro segno di disprezzo. Fu questa la ragione che fece da sfondo alla nascita del pan carrè: infatti, dopo che il boia si fu lamentato dell'oltraggioso trattamento ricevuto presso il Re in persona, quest'ultimo richiamò all'ordine i panettieri. Ed essi ebbero l'idea di creare del pane quadrato, in cui qualsiasi lato poteva essere considerato quello superiore: anche se gettato sul bancone in malo modo, il pane così concepito avrebbe mostrato sempre la “faccia” giusta! In ogni caso – come si disse all'epoca - “meglio avere il boia come cliente che essere clienti del boia”...


In pieno centro a Torino vi è la cosiddetta “chiesa degli impiccati”, ovvero la Chiesa della Misericordia di via Barbaroux, sulla cui facciata è ancora visibile la fenditura con la scritta “Limosina per li carcerati”, a ricordo dei tempi in cui, proprio da quel luogo, venivano scelti i sacerdoti incaricati di portare conforto ai condannati nelle loro ultime ore di vita. Una volta compiuto questo estremo atto di pietà, il corteo funebre partiva da via Dora Grossa (l'attuale via Garibaldi) mentre le campane del Comune sottolineavano, lugubri, il percorso fino al patibolo, situato presso il leggendario “Rondò della Forca”.


Presso la “chiesa degli impiccati” sono conservati alcuni cimeli del periodo del boia: il registro dei nomi dei condannati, gli inconfondibili cappucci neri con i buchi sugli occhi e il bicchiere con cui si dava l'ultimo umano conforto al condannato prima dell'esecuzione.


La casa del boia, tuttora esistente e regolarmente abitata, si trova in via Bonelli, uno dei tanti luoghi di Torino in cui si respira ancora la magica atmosfera dei tempi che furono. L'Appeso, tuttavia, mi ha suggerito in un sussurro che è bene rispettare la privacy: non svelerò quindi il numero civico presso il quale vissero, odiati e temuti per generazioni, uomini che, in fondo, non erano altro che onesti lavoratori, costretti però dal destino a guardare il mondo da... una prospettiva rovesciata!


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